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Gay & Bisex

Il maschio alfa - 1/5


di leatherbootsfetish
03.06.2024    |    13.384    |    10 9.5
"Richiede coccole, massaggi e carezze e deve essere mantenuto sempre umido..."
“Un altro fine settimana di merda” dissi tra me e me guardando sconsolato il grigiore che filtrava dalla finestra e tornando a letto cominciai a pensare a cosa avrei potuto inventarmi per evitare di rimanere in casa a buttare via il tempo o farmi delle gran pippe. Sentivo un desiderio disperato di qualcosa di diverso, di forte, di eccitante, di trasgressivo.
In un raptus di follia presi il telefono e cominciai a digitare “Porcellina in calore cerca vero stallone che sappia come soddisfarla” e lo mandai a Sergio. Allegai anche il mio indirizzo nell’evenienza che non l’avesse, ma nel momento stesso in cui premetti il tasto di invio mi resi conto che probabilmente avevo appena fatto una delle mie solite cazzate.
Tuttavia, sebbene fossi perfettamente cosciente del fatto che stavo giocando ancora una volta con il fuoco e che stavolta esisteva il pericolo reale che mi bruciassi, dovetti arrendermi all’evidenza che non riuscivo a togliermi quell’uomo dalla testa.
L’avevo conosciuto solo poco tempo prima ma era stato un incontro così intenso che da quel giorno non avevo fatto altro che pensare a lui. E poi era da tanto che non avevo a che fare con qualcuno che riuscisse ad impadronirsi del mio cervello come aveva saputo fare lui andando oltre le mie più bieche fantasie sessuali, fino a rendermi dipendente non solo fisicamente ma soprattutto di testa.

Sapevo che non avrebbe saputo resistere a quel messaggio e sarebbe quindi arrivato di lì a breve, così resistetti alla tentazione di rimanere davanti al display del cellulare ad aspettare la sua reazione preferendo invece andare rapidamente in bagno in modo da avere il tempo necessario per preparami a dovere.
Prevedendo quello che sarebbe successo mi lavai a fondo senza tralasciare niente e quando tornai in camera impugnai il telefono mettendomi alla ricerca frenetica della sua risposta come avrebbe fatto un adolescente alla sua prima cotta.
Ma non trovai nessun messaggio da parte di Sergio, nonostante avessi ricevuto la conferma che il messaggio era stato letto pochi minuti dopo che glielo avevo mandato.

Continuai nervosamente a leggere i messaggi per tutta la giornata aspettando una sua reazione ma dato che questa non arrivava mai, con un misto di delusione e incazzatura, mi attivai per trovare soluzioni alternative per passare la serata.
Quando mi ritrovo in quello stato di nervosismo divento pericoloso e infatti, dopo attenta ricerca, individuai un tipo innocuo e insignificante che mi ero sbattuto qualche tempo prima e che continuava a insistere per potermi rivedere, decidendo che sarebbe stato la perfetta vittima sacrificale sulla quale scaricare tutta la frustrazione accumulata nel corso della giornata. L’avrei tenuto sulla graticola per un po’, per poi scoparmelo senza tregua.
Nuovamente carico e sicuro di me stesso mi preparai al meglio scegliendo qualunque cosa potesse mettere in risalto il fisico in forma del quale vado piuttosto fiero, con l’obiettivo di farlo impazzire dal desiderio e poterne quindi disporre a mio piacimento per tutta la serata.

Arrivata l’ora del mio appuntamento, mi stavo giusto infilando gli stivali pronto per uscire quando suonò il citofono.
“Apri” disse Sergio. Il tono della voce, arrogante e insofferente, non ammetteva repliche e la rabbia mi montò addosso all’improvviso.
Quello stronzo non poteva pensare di avere il diritto di fare quello che gli pareva dando per scontato che sarei rimasto a sua disposizione, così presi la decisione di mandarlo a cagare, chiudendo la vicenda prima ancora che questa potesse avere inizio.
Non volendo però dargli la soddisfazione di capire quanto fossi incazzato mi costrinsi per qualche istante a riprendere il controllo di me stesso prima di farlo entrare, preparando mentalmente le parole giuste per dirgli di ritornare da dove era venuto.
Quando aprii la porta lo trovai con il corpo mollemente appoggiato allo stipite, con le braccia conserte e una faccia annoiata che esprimeva tutto il suo disappunto.

Il primo impatto fu violento. L’altezza e il fisico muscoloso di quell’uomo erano così fuori dalla norma che, improvvisamente mi sentii piccolo, piccolo.
Notai subito che i capelli, tenuti sciolti sopra alle spalle larghe, erano un po’ più corti rispetto all’ultima volta che l’avevo visto. Anche in quest’occasione, l’abbinamento dei capelli biondi alla folta barba me lo fecero associare mentalmente a un enorme vichingo.
Sotto alla giacca in pelle color cuoio aveva indossato una maglietta nera che doveva essere troppo stretta di almeno due misure perché gli aderiva al corpo come una seconda pelle, riuscendo a stento a contenere i muscoli gonfi, allenati da ore di palestra. Teneva le gambe leggermente incrociate una sull’altra così da mettere in evidenza il bozzo che era contenuto all’interno dei jeans attillati, strappati ad arte all’altezza delle ginocchia, che coprivano gli stivali neri.
Si poteva senza dubbio definire un bel ragazzo, nonostante il naso leggermente aquilino e il taglio degli occhi non lo facessero rientrare a pieno diritto nei canoni della bellezza classica, ma prima di tutto era uno spettacolo di rude, grezza e mascolina sensualità e anche questa volta non potei fare a meno di sentire una stretta all’inguine.

Ostentando la consueta sicurezza in sé stesso, mi passò oltre senza nemmeno salutare o aspettare che lo invitassi ad entrare, posò la borsa da palestra e il casco della moto per poi togliersi la giacca come se fosse a casa sua.
“La prossima volta che vengo qui vedi di farti trovare già sulla porta” disse con voce incolore, passandomi la giacca da appendere mentre gettava lo sguardo intorno alla stanza come se nemmeno esistessi.
“Hai una bella casa, complimenti. Quasi, quasi mi trasferisco a vivere qui”.

Cercando di controllare il nervosismo che continuava a crescermi dentro, gli risposi in maniera distaccata: “Sei arrivato troppo tardi bell’uomo, sto uscendo. Fammi un fischio la prossima volta che passi da queste parti e vediamo se riusciamo a organizzare qualcosa. Magari usciamo a farci una birra insieme”.
Stavo ancora davanti alla porta aperta porgendogli la giacca che mi aveva appena mollato tra le mani quando, come se non avessi proferito parola, mi venne davanti e sorridendo affabilmente cominciò ad accarezzarmi il viso facendo scorrere le dita fino a stuzzicarmi il lobo dell’orecchio, con un atteggiamento incredibilmente tenero del quale non credevo sarebbe mai stato capace.
Fissandomi con quegli occhi magnetici puntati dentro i miei si chinò su di me, trovando un tono di voce basso e caldo per dirmi: “Bambolina, tu ancora non hai capito. Quando mi viene voglia di fotterti, tu rinunci all’istante a qualunque cazzo di cosa tu stia facendo e ti organizzi immediatamente per donarti a me con tutta te stessa”.

Quella dicotomia tra l’atteggiamento dolce e le parole dure mi lasciarono completamente disorientato e il mio cervello non riuscì a elaborare niente di sensato per poterlo controbattere mentre, al contempo, mi resi conto che l’uccello mi si stava rapidamente gonfiando all’interno dei pantaloni.
Continuando ad accarezzarmi dolcemente il viso facendo scorrere le dita fino dietro alla nuca, approfittò del mio smarrimento per aggiungere: “Adesso fai la brava bambina e chiudi quella porta. Non credo che tu voglia che i vicini ti vedano mentre fai il pompino di benvenuto al tuo uomo, ciucciandogli il cazzo sulla soglia di casa”.
Mi stava ancora avvolgendo dolcemente con un braccio attorno al collo quando allungò l’altra mano sulla mia patta per stringere l’uccello in tiro dentro ai pantaloni, facendomi sussultare.
“Sei chiaramente troppo infoiata per fare la sostenuta, quindi è meglio se lasci perdere e ti metti subito al lavoro per cercare di farti perdonare, magari cominciando subito a succhiarmi la minchia”.
Ritenendo che a quel punto l’argomento fosse chiuso, mi diede una lenta leccata che mi inumidì completamente l’orecchio, ritrasse il braccio dal collo e mollò la presa sull’inguine per poi dirigersi verso il divano con quella sua camminata pavoneggiante da rozzo bullo, calcando il tacco degli stivali sul pavimento di legno.
Si mise comodo tenendo le gambe aperte e, con uno sguardo di sufficienza, mi fece segno con la mano di raggiungerlo.
Mi sembrò di vivere al rallentatore mentre richiudevo la porta alle mie spalle e appendevo con cura la sua giacca per poi sedermi docile al suo fianco, riuscendo soltanto a dire: “OK, dammi solo il tempo di disdire il mio appuntamento”.
Ero ancora in stato di trance mentre davo buca al mio accompagnatore accampando scuse varie per gestire le sue lagne, ma Sergio trovò il modo perfetto per accelerare gli eventi accavallando la gamba sul ginocchio facendo entrare nel mio campo visivo il suo stivale nero. Rimase a guardarmi facendo scorrere piano la mano sulla pelle lucida, mentre con l’altra si grattava le palle con noncuranza.

Improvvisamente schioccò le dita davanti ai miei occhi con un gesto di impazienza, così tagliai corto e chiusi la telefonata con lo sguardo fisso su quel feticcio deglutendo nervosamente, incerto sul da farsi.
Il piede era ovviamente proporzionato all’altezza e al fisico di Sergio rendendo quello stivale ancora più vistoso ed io non riuscivo a distoglierne lo sguardo.
“Che storie. Allora è vero che perdi la testa per questi” disse ridendo. “Dopo, magari, ti ci faccio giocare, ma adesso ho bisogno del pompino di benvenuto che mi hai promesso”.
Non ricordavo di aver fatto nessuna promessa di questo genere, ma l’idea di poter giocare di nuovo con quella lunga mazza non mi dispiaceva affatto.
Per essere sicuro che non perdessi altro tempo si affrettò ad agganciare rudemente la mia testa per poi spingersela sul cavallo dei pantaloni. Aveva cominciato a strofinarmela sul pacco, guidandola come suo solito al fine di farmi percepire tutta la dotazione che mi stava mettendo a disposizione, quando improvvisamente si fermò e mi tirò su prendendomi rudemente per i capelli.
“No, così non va bene. Dopo ti ci faccio giocare ancora, ma prima ho bisogno che tu mi faccia un piccolo favore” la voce era ancora calda e carezzevole ma avevo imparato che ciò poteva non avere alcun significato. Così non mi stupii quando aggiunse: “Vai di là e spogliati. Voglio che tu rimanga nuda per tutto il tempo che deciderò di stare in questa casa”.

Avendo un buon rapporto con il mio corpo è piuttosto frequente che mi aggiri nudo per casa, ma era la prima volta che lo facevo perché mi era stato ordinato e la cosa mi intrigò al punto che, baciandogli i bicipiti di marmo per poi farci scorrere lievemente sopra le dita, gli dissi languido: “Ho un’idea migliore. Perché invece non te ne occupi tu?”
Quell’atteggiamento da puttana passiva non mi era mai appartenuto, ma Sergio trasudava sesso e potenza da ogni poro e non riuscivo a ignorare il forte ascendente che stava esercitando su di me.
“Ohhh, così va decisamente meglio. Questo è l’atteggiamento giusto” si alzò prendendomi per un braccio e mi tirò verso di sé facendomi letteralmente volare.
Una volta che fui completamente nudo mi venne alle spalle e si chinò per baciarmi il collo, usando le mani per torturarmi i capezzoli e quel trattamento mi eccitò a tal punto che mi ritrovai immediatamente con il cazzo in tiro.
“Sei decisamente una gran bella bambina e stasera mi prenderò cura di te”.
Mi prese la mano per portarsela sul cavallo dei pantaloni, costringendomi ad accarezzargli il pacco. “Non sono certo un bifolco che si presenta a mani vuote. Eccoti il mio regalo”.
Pur essendo ancora a riposo era impossibile non apprezzarne le dimensioni importanti.
“Aprilo e dimmi se ti piace” mi disse facendomi girare su me stesso per poi spingermi verso il basso lasciando a me l’iniziativa, limitandosi soltanto ad accarezzarmi la testa come se fossi stato il suo cagnolino.
“Ci sei troietta. Adesso è tuo”
Cominciai a passare la mano su tutta la superficie di quella protuberanza pregustandomene il contenuto e gli strinsi le palle contenute all’interno. Quando percepii che qualcosa di grosso aveva cominciato a indurirsi dentro ai jeans ricevetti la conferma definitiva di quanto stesse apprezzando ciò che gli stavo facendo.
Sergio rimase ad osservarmi continuando a passare le dita tra i miei capelli.
“Dato che sembra proprio che ti piaccia, ti lascio avere un assaggino” E mi premette la testa contro suo inguine
Ho alternato i denti con i quali glielo morsi da sopra il tessuto, alla lingua con la quale lo percorsi, alle labbra con le quali lo baciai.
L’attrazione che stavo provando nei suoi confronti era pazzesca e mi sentii sdoppiato, come se il mio corpo si stesse muovendo indipendentemente dal cervello.

Stavo giusto cominciando a slacciargli la cintura con impazienza quando gli squillò il cellulare.
Mi immobilizzai ai suoi piedi dandogli il tempo di infilare la mano nella tasca posteriore e leggere il nome sul display.
“É il mio amico Pietro” mi disse prima di rispondere.
“Faccio presto, ma intanto non c’è ragione che tu ti fermi”.
Non me lo feci ripetere e ricominciai da dove mi ero interrotto, aprendo la zip per poter finalmente infilare la faccia all’interno dei jeans guidato dall’odore pungente delle sue parti intime e dalla mano sulla nuca che mi premeva la bocca sulle mutande.
“No, stasera non posso. Ho una fighetta dei quartieri alti tra le mani. Se riesco vi raggiungo più tardi”. Sentii che diceva al suo amico.
e poi: “Si, si, … incredibilmente troia …”
e anche: “Non sai che bocca …”
e ancora “Eccome. Fa tutto quello che le ordino di fare. Sono sicuro che stasera non veda l’ora di darmi il culo”
e infine: “Certo, magari un giorno te la faccio conoscere”.
Chiuse la telefonata e rimise il telefono nella tasca.
Poi se lo tirò brutalmente fuori dagli slip e mi schiaffeggiò ripetutamente in faccia con il cazzo già semirigido dicendomi: “Sappi che sei in debito per avermi costretto a rinunciare a una serata con miei amici per stare con te. Mi aspetto che mi dimostri tutta la tua gratitudine”.

Avevo già avuto modo di vedere il suo cazzo così da vicino ma non potei fare a meno di apprezzarne nuovamente la forma e le dimensioni. Sicuramente lungo senza però essere eccessivamente largo, con una bella cappella lucida che non vedevo l’ora di assaporare. Il reticolo di vene che lo solcava lo rendeva vivo, reale ed eccitante. La dimensione dello scroto, che conteneva le due belle palle delle quali parlava con orgoglio in continuazione, era di tutto rispetto.
Il suo corpo era interamente depilato, con l’unica eccezione rappresentata da un ciuffetto ordinato di peli posto alla base del suo uccello. Era evidente che aveva grande cura del suo fisico.

Cercai disperatamente di catturare quel biscione con la bocca come se fossi una cagna in calore, ma Sergio me lo fece penare.
“Questa sera dovrai prenderti cura di lui. Richiede coccole, massaggi e carezze e deve essere mantenuto sempre umido. Stai focalizzata su di lui e sulle sue due compagne di gioco senza pensare a nient’altro e vedrai che sapranno ricompensarti”.
Ho conosciuto altre persone con una visione fallocentrica del sesso e ogni volta penso a quanto altro potrebbero ricevere se solo allargassero i loro orizzonti.
Quando finalmente me lo appoggiò sulle labbra mi ammonì: “Va bene, eccoti il tuo ciuccio. Vacci piano. Con la fame che hai, rischio che me lo consumi”.
Finalmente avevo raggiunto il primo dei miei obiettivi. Baciai la cappella per poi far scorrere le labbra lungo tutta l’asta e mentre succhiavo lo sentii diventare sempre più duro.
Ma dopo pochi minuti, tenendomi ferma la testa tra le sue grandi mani mi costrinse di nuovo a guardarlo in viso senza togliermi quella mazza dalla bocca e troneggiando su di me con il bacino spinto in avanti mi disse: “Ti sei divertita abbastanza. È arrivato il momento che tu pensi un po’ anche di me”.

Me lo sfilò dalla bocca, se lo rimise a fatica negli slip e tirò su la cerniera dei jeans facendomi sentire come un cane al quale fosse stato tolto l’osso. Mi sollevò da terra prendendomi in braccio, si sistemò le mie gambe attorno al corpo e mi strinse forte tenendomi le mani sul sedere mentre mi portava in camera da letto.
Ma non c’era niente di coinvolgente in quell’abbraccio. Sono sicuro che fosse semplicemente il suo modo di comunicarmi che mi considerava di sua proprietà, facendo in modo che prendessi ulteriore consapevolezza della sua forza e prestanza fisica mettendole a confronto con la mia pochezza e fragilità.
Quando arrivammo nella camera con il grande letto che mi ha visto protagonista di un numero infinito di incontri appassionati mi sgrillettò il buchino con le dita tenendomi in braccio.
Aveva il viso a pochi centimetri dal mio e prima di rimettermi a terra mi disse: “Sei bella stretta, ma tra poco rimediamo”

Facendo come se fosse a casa sua, si sfilò la maglietta buttandola su una sedia per poi sedersi sul bordo del letto per cavarsi gli stivali.
Guidato da un impulso irrefrenabile mi affrettai a dire: “Aspetta, ci penso io”.
Mi accucciai ai suoi piedi, approfittando dell’occasione per accarezzare la liscia e lucida pelle nera con la quale erano fatti, per poi sfilarglieli uno per volta con grande devozione. Solo il fatto di aver avuto quel paio di stivaloni tra le mani mi aveva mandato in confusione, ma sperai di non averlo dato troppo a vedere.
Stavo per rialzarmi quando Sergio mi bloccò, fissandomi serio.
“Stai lì” mi disse perentorio. “Le calze!”
E io gliele tolsi ritrovandomi nelle mani il suo lungo piede nudo. Potevo apprezzare ogni dettaglio di quelle dita affusolate che si muovevano grazie ai tendini tesi e a quel punto gli fu sufficiente un piccolo cenno della testa per trasmettermi l’ordine successivo, costringendomi con la semplice forza dello sguardo a infilarmi l’alluce in bocca per poi succhiarlo avidamente.
“Non ho ancora deciso come, ma questa tua perversione apre a infinite possibilità e varrà senz’altro la pena di approfondirla” mi disse pensoso dopo qualche istante, sfilandomelo dalla bocca.
Si alzò in piedi per togliersi i jeans che lasciò cadere sul pavimento, rimanendo con addosso soltanto gli slip neri che mettevano bene in risalto la sua ragguardevole dotazione che si era nuovamente rilassata.
Con un colpo di reni si buttò sul mio letto che cigolò pericolosamente ma resistette all’impatto, sistemò i cuscini fino a trovare una posizione comoda per poi mettersi supino con le braccia incrociate dietro alla testa, tenendo le gambe ben divaricate.
“Arrivo diretto dalla palestra dopo un allenamento esagerato, ma sono sicuro che una maialina come te saprà trovare il modo giusto per farmi rilassare prima della doccia”.
Il messaggio era chiaro, anche perché l’aveva espresso indicando con un cenno inequivocabile della testa l’evidente protuberanza in mezzo alle sue gambe.

Continua...
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